Per parafrasare C.G. Jung, l’essere umano spesso è portatore di ferite familiari e collettive che chiedono di essere attraversate e trasmutate al fine di creare nuovi scenari, nuovi percorsi e quindi un nuovo futuro, per una consapevolezza sempre più evoluta di chi è l’essere umano.
Non possiamo cambiare nemmeno una virgola del nostro passato, né rimuovere le cicatrici che una volta inferte ci hanno lacerato e che vivono come cartine nel nostro corpo fisico o simbolico. Ma possiamo, alcune volte prima, talaltre poi, trasformarci da eterne vittime passive, a individui responsabili e consapevoli del nostro dolore e della nostra storia personale e collettiva.
Saper rivivere, sentire e legittimare gli intensi sentimenti, spesso di impotenza e di rabbia, che hanno caratterizzato e poi creato le condizioni per una vita di ripetute sofferenze. Saper riconoscere le ferite che scaturiscono dal tradimento e dalla mancanza di attenzione ai nostri bisogni primari e legittimi.
In questo percorso che si caratterizza come un viaggio all’interno della ferita del bambino che siamo stati, dei passaggi, a volti più fluidi altri più granitici che dobbiamo attraversare per l’integrazione degli eventi traumatici, saremo accompagnati dalle figure più autorevoli che hanno apportato i più grandi contributi alla psicologia clinica passando dalle teorie dell’attaccamento di Bowlby, ai concetti di holding e madre sufficientemente buona di Donald Winnicott, fino ad arrivare alla rivisitazione dei metodi educativi del passato di Alice Miller e Massimo Recalcati, alla psicogenealogia di Anne Ancelin Schutzenberger, per poi varcare la soglia delle nuove scoperte sull’attaccamento di Giuliana Mieli e gli approcci di risintonizzazione affettiva di Janina Fisher, Sue Gerhardt e Stefanie Stahl.